giovedì 23 febbraio 2017

Sette minuti dopo la mezzanotte - Due

"Ti racconterò tre storie, e quando avró finito, tu me ne racconterai una quarta"
"Io non so niente di storie. Non ne so nessuna". 
"Mi racconterai una quarta storia e dovrá essere reale"
"Di cosa stai parlando"
"La veritá che stai nascondendo. La veritá che sogni"
Aveva la faccia rugosa di corteccia. 
"Mi racconterai il tuo incubo"
Serissimo gli dico: "No"
Insiste. "Si. Questa sará la tua veritá."
Quasi piangendo gli chiedo "E se non lo faccio?"
Apre la bocca. Gli escono tanti piccoli rami. Al centro sembra ci sia fuoco. I rami gli escono dalla bocca come tante piccole radici.
Apro gli occhi. Mi ritrovo seduto nella mia stanza con mentre la sedia si muove. La luce della lampada è accesa. Uno specchio al lato riflette la luce. La finestra è alla mia sinistra. Fuori è ancora notte, poive.
Mi guardo attorno, ancora incredulo. Mi butto nel letto di mia madre. Voglio dormire con lei. Si sveglia. Stava dormendo. Sto meglio ora. Mi giro di spalle e provo a dormire.
"Dovresti essere nella tua camera, Con". 
"Solo cinque minuti"
"Sai che non è vero"
"Si che lo è"
"Solo cinque minuti. Lo prometto"
"Cinque" dice mia mamma. 
Mi sistemo. "Dormi bene", mi dice. La abbraccio.
Sul comodino ci sono le nostre foto, e anche le pastiglie. Ho passato la notte qui. Mi sveglio.

Cammino nel fango, con gli stivaletti di gomma. Ho il giubbotto verde e giallo. Si apre un cancello, È nero, con i fiori. Sono nella collina che si vede da casa mia. Guardo la chiesa che è crollata nel sogno, con l'albero di fianco, sulla sinistra, La testa mi dice "no". Guardo la chiesa soltanto da lontano. Poi torno a casa. Sulla porta di casa ci sono tre vetrini trasparenti.
Mia madre sta parlando con qualcuno che la chiama per nome. Lizzie. Entrando in cucina sento che parlano di mio nonno, di Stati Uniti e di un probabile trasferimento. Mi vedono, mi salutano. Mia madre ha in mano una parrucca bionda. Dice che l'ha presa da un centro anziani che stanno liberando per costruire appartamenti. Sará lei l'agente che se ne occuperá. 
Mentre mia nonna mi chiede di preparare una tazza di tè, mamma si mette una parrucca bionda in testa. A me piace. Vado a preparare il tè. Mia mamma si prova altre parrucche. Continua a parlare con mia nonna, che la spinge a prendere delle decisioni. Io le guardo ma non sento nulla.
Ora mia nonna si avvicina e dice che dobbiamo parlare. Io sto preparando il tè. Mi dice che lei non è un mio nemico, e che vuole soltanto aiutare la mamma. So perchè sta qui. Mi dice che a 12 anni non dovrei pulire la casa. 

"Vuole farlo lei?"
"Non essere insolente!" La faccia è tesa. 










Sette minuti dopo la mezzanotte - Uno

Sono nel letto. Una luce rossa mi circonda. Mi muovo. Crolla un palazzo. Tengo per mano mia madre, che cade di sotto. Mi sveglio, completamente sudato. Mi asciugo la fronte.
Come comincia questa storia? Son le 12:07. Come tante altre storie. Mi alzo, mi avvicino alla tenda.
C'era un ragazzo troppo grande per essere un bambino. Troppo giovane per essere un uomo. Fuori è buio. Dalla finestra vedo un albero. Forse c'è del fumo in lontananza, o nuvole. E un incubo.
Guardo anche le gocce di acqua alle finestre. Con una matita coloro un album. Le lancette dell'orologio girano sporche. Le porte si possono aprire sempre. Dalle serrature vedi i palazzi. Le macchie non sempre sono dei segnali di sporco. Le linee rette. si aprono i cancelli. 
Io mi vesto. La camicia è bianca e mi chiudo tutti i bottoni. Jersey, faccio il letto. Poi vado in cucina, mi faccio la colazione e metto la lavatrice. Apro un ripiano. Vedo di lato il nome di una pastiglia. Mangio, mi metto le calze. Mi avvicino ad una porta, guardo solo con un occhio. distesa sul letto con il cuscino verde, quella che puó essere mia sorella. Esco di casa. Le chiavi sono accanto al mobiletto con le nostre foto appese ai fili.
Esco in mezzo a questo cortile con un aggroviglio di piante e rose rosa. La porta della casa è blu. Scendo le scalette, mi sistemo la sciarpa e vado in un sentierino con la strada al lato. 
Mentre il prof. spiega e io mi dedico soltanto a disegnare, giro la pagina e ci trovo un biglietto. "Ti vedo dopo la scuola come sempre". Quel mio compagno di classe stronzo si gira 
e mi guarda. Che cosa vuole, vorrei sapere. Il prof lo riprende. Chiudo rapidamente il quaderno.
Il prof si avvicina e mi chiede se sto dormendo bene. Gli rispondo di si. 
Alla ricreazione mi picchiano gli altri ragazzi. Dicono che sto nel mio mondo dei sogni. Mi fanno alzare. Mi girano di lato. Mi tirano la lingua dicendomi di non parlare. 
Torno a casa, in cucina c'è un proiettore. Mamma mi saluta. Scendendo dalle scale mi dice che è una sorpresa, e che è meglio di una cassetta. Mi dice che è del nonno e che vorrebbe l'avessi conosciuto. 
Lo mettiamo in funzione. Sul proiettore un orango gigantesco. Mi innamoro subito. Con mamma lo guardiamo sul sofa per giorni. King kong li potrebbe schiacciare tutti, romperli in mille parti. Mamma dice "Boom" e si addormenta. Continuo a vedere il film. King kong cade, si fa mille piani. Sono sconvolto.
A casa mi metto a disegnare. Con la musica, disegno un rettangolo. Mentre disegno forse sento "Conor" dietro di me. Tolgo le cuffie. Chiamo "mamma". Continuo a disegnare. Tre linee staccate. Ancora uno sguardo alla finestra. Da lì si vede la chiesa. Ma continuo a disegnare. Ora le linee sono tante e sono le 12:06. Un altro ramo, metto un pó più di nero di qua. Sto disegnando quello che vedo dalla finestra. Ma si muove una penna rossa. Cade dal tavolo e si avvicina da sola alla porta. Il carillon con il robot disegnato si mette a suonare. Gli occhi disegnati e appesi allo specchio si mettono a svolazzare. Mi giro, mi alzo. Fuori è tutto a posto. Ma quando apro la finestra c'è un vento molto forte. Si sentono le foglie che si muovono. Ci sono delle luci. Ci sono delle cose che hanno delle radici. Sembrano alberi. 
Da lontano non si vede tanto ma giuro che ho visto degli occhi. C'è qualcosa che si muove di lá. Sembrano alberi con le radici grandi che si muovono per la cittá. Sradicano i lampioni. La cosa si avvicina. È soltanto uno. Si avvicina alla mia finestra. Ha la faccia legnosa. È un albero, forse. 
"Sono venuto a rapirti, Conor O'Malloy". E si attacca alla casa. Mi dice di correre da mia mamma. Non ho paura di lui, e glielo dico. Gli dico di lasciare in pace mia madre. Mi prende tra le sue mani e mi mette sotto la luce della luna.  
"Ti verró a trovare altre volte, Conor O'Malloy, e agiteró le tue pareti finchè ti sveglierai. Dopo, ti racconteró tre storie." 
Non ci posso credere.
"Mi racconterai storie?"